#AMORECRIMINALE

"Heathcliff sono io", confida alla domestica che l'ha cresciuta, ma soprattutto al suo cuore agitato, la Catherine di Cime tempestose, nella pagina più straordinaria del più straordinario trattato sull'inevitabilità e la potenza di certi amori che sia mai stato scritto.
Non ci è dato sapere se Heathcliff e Catherine abbiano mai fatto l'amore ma, da quello che scrive Emily Bronte, pare proprio di no. Non si scambiano neanche un bacio, ognuno dei due sposerà un'altra persona e con un'altra persona avrà dei figli. Eppure, quando il marito impedirà a Catherine di continuare a frequentare Heathcliff, Catherine ne morirà.
E, nonostante questo, Heathcliff continuerà a cercarla, con la selvaggia intensità del trovatello che è stato e che a tre anni scopre in quella bambina, istintivamente, la prima e unica possibilità di non sentirsi perso nel mondo. Perché, anche se una famiglia lei ce l'ha, Catherine è come lui, è abitata dai suoi stessi lampi, dal suo stesso furore. Perché Catherine è lui.
Malgrado questo, proprio per questo, è meglio per loro, e per chi li circonda, che i due vengano separati.
Che mettano su famiglia con qualcuno in grado di contenere quei lampi, quel furore.
Peccato che, a tu per tu con il suo placido marito, Catherine non si senta per niente al riparo da se stessa: ma, anzi. Sia più che mai inquieta e in balia dei suoi mostri.
Heathcliff certo non avrebbe potuto e non potrebbe mai darle serenità: è irrazionale quanto lei, e inoltre è violento, è sadico, vendicativo. Ma, come un medico che, per individuare dov'è il nostro misterioso problema, ci spinge con forza l'addome (fa male qui?), lo stomaco (e qui?) e il petto (qui? fa male?), riesce a fare qualcosa di diverso e forse di più importante rispetto a metterla illusoriamente in salvo.
Le rivela dov'è il suo misterioso problema.
Dov'è che fa male.
Se c'è una cosa che in questi ventotto anni ho imparato sull'amore è che non tutti possono permettersi il lusso di una storia bella, che rafforzi la parte più luminosa di noi e le consenta di esprimersi al meglio.
Bisogna avere la fortuna di non avere troppi lampi, dentro.
Di non avere (la coscienza di avere) troppo buio.
Oppure bisogna rimboccarsi le maniche, ed essere talmente determinati da sfidare e provare a controllare - però prima di tutto da soli, perché è solo da soli che ci si mette davvero in salvo - quel temporale.
Amy Winehouse sicuramente non aveva quella fortuna, e purtroppo non ha avuto il tempo per trovare quella determinazione, che arriva quasi sempre in soccorso quando si è toccato realmente il fondo.
Se fosse sopravvissuta a quella maledetta notte, io mi ostino a credere che ce l'avrebbe fatta. Che lo schiaffo di quel rischio l'avrebbe risvegliata e che le avrebbe permesso, passo dopo passo, di tornare faticosamente, e una volta per tutte, dal buio.
Ma è andata come è andata. E l'amore che ha segnato la sua breve vita, così disperata e così eccezionale, non poteva che essere come è stato quello con Blake Fielder.
Un amore disperato, un amore eccezionale.
Un amore senza nessun carnefice, ma fra due vittime, ognuna di se stesso.
Un amore nato da piccoli, come quello fra Catherine e Heathcliff: perché a nove anni Blake si taglia le vene per convincere sua madre a lasciare il patrigno, e a quella stessa età Amy assiste allo sgretolarsi della sua famiglia. Anche se si incontrano più in là con gli anni, insomma, sono stati chiamati tutti e due prima del tempo a rinunciare all'infanzia, e sono destinati così a trascinarsela dietro e dentro, a rimanere bambini marci anziché diventare un uomo e una donna.
Un amore dunque infinito: perché le storie d'amore belle finiscono quando, semplicemente e terribilmente, finisce l'amore.
Mentre le storie d'amore sbagliate finiscono quando smettiamo di essere sbagliati noi.
Cioè mai fino in fondo.
Amy era evidentemente Blake: che i morti riposino in pace.
Blake è e sarà sempre Amy: i vivi hanno già il loro tormento.
Smettiamola, almeno noi, di infierire.


   CANZONI CONSIGLIATE: Back to black, Amy Winehouse + 20Sigarette, Marco Mengoni.
Nella vita non raccogli ciò che semini, raccogli ciò che curi.




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