#FRIENDSHIPDAY

Tanto tempo fa ero una bambina pallida, sempre più magra di quanto non fosse opportuno, timidissima, paurosa, molto diligente, grafomane e curiosa come una scimmia. Vivevo in un mondo dai confini e dai costumi troppo laschi per i miei gusti. Volevo certezze e prevedibilità mentre mi pareva che niente, intorno a me, avesse le forme squadrate e la morbidezza avvolgente di cui avevo bisogno.
Un giorno, all'uscita dall'asilo, mio padre si dimenticò di venirmi a prendere. O forse pensò che fosse il turno della nonna. Rimasi lì, seduta su una microseggiola di legno e metallo, mentre gli altri bambini, dotati di congiunti scrupolosi e ben organizzati, sciamavano fuori dalla classe gialla, alla volta di focolari accoglienti e solidi. Possedevo un ego traballante, sempre pronto a identificarsi con i derelitti del mondo - piccola fiammiferaia in primis - e quel funesto episodio rischiò di affossarlo per sempre.  "Perchè tu non stai a casa ma vai in fabbrica tutti i giorni? E, se proprio vuoi lavorare, perchè non sei la bidella della mia scuola? O la custode? O la cuoca che alla mensa ci versa la minestra? Questi sì che sono mestieri adatti alla madre di una bambina piccola!", tormentavo quotidianamente mia mamma.
Da figlia di genitori meravigliosi custodi di una famiglia tradizionale, ambivo al conformismo, a una normalità senza sorprese e mi facevano tristezza i genitori separati e in carriera perchè i loro figli ambivano al papà e alla mamma di Silvia Moscone che aveva i capelli biondi lunghi e la villetta con il giardino, oltre che il camper di Barbie.
Il mondo, tanto tempo fa, era un luogo insidioso, inospitale e impervio. Un posto che mi faceva rabbrividire. Poi sono cresciuta, mi si sono allargati le spalle e lo sguardo, ho imparato ad apprezzare il valore delle diversità e ho smesso di farmi venire la tristezza per i bambini dei genitori separati.
Ho smesso di desiderarmi differente, di ambire a mete che non mi somigliavano, di sentirmi sbagliata e in imbarazzo. Ho imparato ad accettare gli spigoli e le storture della mia famiglia e ad apprezzarne la varietà e lo spessore. Ho smesso di giudicare, di recriminare, di rimproverare, di desiderare di essere un'altra e ho imparato, a mia volta ad accogliere, rassicurare, consolare e spiegare che va tutto bene, anche se il mondo non è come lo disegneremmo.
Funzionano così, gli anni che passano. Ed è per questo che crescere, e a volte persino invecchiare, ci fa un gran bene.
Mi sono affrancata dai miei modelli di bambina, me ne sono inventati altri solo miei, ho imparato la gratitudine anche verso chi non era come avrei desiderato. Mi sono trovata a lasciare andare il mio fidanzato e a raccogliere tutti i miei cocci sul pavimento.
Eppure c'è una cosa che mi atterisce, mi scuote, mi rimpicciolisce, mi disarma e mi paralizza, oggi come ai tempi in cui mi coccolavo nel rassicurante focolare a tinte pastello. Si tratta del dolore di mia madre. Già. Lei che ho conosciuto carrarmato, roccia, quercia, non può cambiare mai. La sua naturale, fisiologica, legittima fragilità mi getta in uno stato di agitazione quasi isterica. Ancora oggi lei, ai miei occhi, è deputata a darmi conforto, a risolvere i problemi, a prendermi per mano quando inciampo e a tirarmi su. Lei non può vacillare perchè, nella mia coscienza bislacca e immatura, è la mia colonna, l'unica a cui mi possa appoggiare, la sola capace di accogliere e sciogliere i miei affanni.
A pensarci bene, pur non sognandola più cuoca, lei, nella mia testa ma soprattutto nella mia pancia, è rimasta la stessa di allora.
Forse si diventa grandi solo quando si riesce a guardare in faccia la fragilità dei propri genitori senza farsi prendere dal panico, quando non si pretende più di essere al centro esatto dei loro interessi e dei loro pensieri, quando si imparano l'indulgenza e l'accoglienza, quando i ruoli si smantellano e diventano fluidi. Fino ad allora, no. Sono solo chiacchiere e distintivi. 


   CANZONI CONSIGLIATE: E non hai visto ancora niente, Jovanotti + The Boxer, Mumford & Sons + Love Love Love, Avalanche City.
Gli occhi, non il sorriso. La felicità si vede lì. 

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