#TUTTOACCESO

Il drin del telefono, il bip della segreteria, il brum brum del motore.
Nel corso della storia abbiamo sempre trovato parolette, spesso onomatopeiche, per descrivere, e quindi esorcizzare, la nostra interazione con le macchine. E più inquietanti queste sono, più l'onomatopea sarà leziosa - e viceversa.
Tutto questo non è mai stato tanto vero come oggi, con il ping, l'onomatopea dell'era hi-tech. Ubiquo ma modesto, minimale ma ostinato, il ping è un fascio di contraddizioni. Rimanda il gioco del ping pong, analogicissimo, ma anche alle scatole nere degli aerei. I pionieri dell'Internet descrissero con "ping" il modo, l'istante in cui un computer chiede al server se è online (la prima connessione, "pong" ovviamente la risposta). E fa ping il lander Philae, che lo scorso autunno, staccatosi dalla sonda Rosetta, atterrava sulla cometa 67P/ Churyumov- Gerasimenko.
Secondo l'Oxford English Dictionary , il termine "ping" è stato usato per la prima volta nel 1833, per indicare un suono acuto e inaspettato, come il fischio di un proiettile. Ma è con la Seconda guerra mondiale che il ping conquista la moderna accezione di suono elettronico: col sonar. Usato sulle navi da guerra per individuare i sottomarini dei nemici - e non a caso, nello slang della marina Usa, l'addetto al sonar si chiamava "ping man". E' allora che nasce la domanda implicita del ping: "Dove sei?", "Sei lì?", "Ci sei?".
"Non era un sistema perfetto", chiosa il New York Magazine, che alla storia del ping aveva dedicato un lungo articolo: "Balene, correnti oceaniche, campane di bordo, venivano scambiate di continuo per sottomarini". Molti anni dopo, durante un'altra guerra, questa senza conflitti militari, e su un sottomarino più avanzato, Sean Connery chiederà al suo vice in Caccia a ottobre rosso "one ping only", un impulso singolo, per confermare a Jack Ryan la volontà di disertare, e chiedergli aiuto. Tom Clancy, dal cui bestseller del 1984 era stato tratto il film, aveva già capito tutto.
Perchè il ping è il nostro disperato bisogno di contatto. Ed è ironico e appropriato insieme che l'onomatopea dell'alta tecnologia, quella che meno sembra dipendere dall'uomo, più di ogni atra indichi connessione umana. E se in tempo di guerra era foriero di minaccia, oggi, quando cade un aereo, il ping è l'ultima speranza dei dispersi. Gli incidenti di Los Roques, dei due voli malesi: per tutti, la marina americana ha usato il towed pinger locator, robot subacqueo atto a captare il ping d'emergenza di un velivolo precipitato in mare. Negli ospedali, poi, il ping delle macchine che monitorano i parametri biomedici rassicura che il paziente è ancora in vita. Forma di comunicazione il cui contenuto è una preghiera. "Per favore, rispondi", implora il ping. "Io sono qui". Richiesta e affermazione di esistenza.
C.S Lewis diceva che leggiamo per sapere di non essere soli: per lo stesso motivo oggi facciamo ping.
Come spesso accade, poi, col gergo dell'hitech, anche il ping è entrato nel linguaggio quotidiano.
Il web magazine Slate, nella rubrica sull'evoluzione lessicale, ricorda che nell'Urban Dictionary, il primo uso dell'inglese "ping me" in luogo di "contattami" risale al 2004. Oggi che non ci parliamo quasi più, che una relazione si consuma tra una stellina e un cuoricino, quell'uso è dappertutto. Interazione scarna e minimamente impegnativa, vaga ma graziosa. Una sorta di emoji orale.
Siamo affamati di contatto umano ma ci spaventa più di quello con le macchine, così lo infiocchettiamo. Il ping, lo scambio più piccolo possibile ma "aperto", cattura l'ambiguità dei rapporti moderni.
Certo, alla fine tutto smette di fare ping. Lo scenario peggiore, per un aereo disperso e per noi, è il silenzio. Il rischio che non ci sia nulla da sentire, o che, quando siamo noi stessi a fare ping, nessuno ad ascoltarci.
Il suono, al contrario, è speranza. Il ping, osserva il New York Mag, è fiducioso. In semplici impulsi elettrici esprime i nostri impulsi umani più profondi. Dice, "C'è qualcuno là fuori?". E, "Resisti, ti troverò".

      CANZONE CONSIGLIATA: Angoli di cielo, Tiromancino. 
Perchè il silenzio di certi cuori, ha un suono bellissimo. 


La Jù. 



Nessun commento:

Posta un commento