NATALE SENZA REGALI

Cari lettori,
vorrei avere il sonno di quando ero bambina.
La notte di Natale neppure i cannoni riuscivano a svegliarmi: mia mamma mi diceva che quella notte era vietato aprire gli occhi, anche solo per sbaglio, perchè Babbo Natale, nel timore di essere visto, sarebbe volato sopra il tetto senza portare i doni che aspettavo con ansia da un anno.
E così sprofondavo nel sonno, lasciando, ignara, che mio padre montasse nella notte in salotto i binari del trenino elettrico senza che neppure me ne accorgessi.
Vorrei sentire ancora i sapori di quei Natali. Quello, in particolare, dell'insalata russa: io ne mangiavo a cucchiai ( come ora, del resto ), senza mai fermarmi: socchiudevo gli occhi, gustavo quel meraviglioso intruglio e mi immaginavo di essere la figlia di un principe e di una principessa.
Vorrei ritrovare, di quei Natali, le persone che ho amato e che oggi sopravvivono solo nella mia memoria: gli abbracci di mio nonno, i silenzi pieni d'amore del mio ex fidanzato, il profumo di buono di mio zio. Chissà dove saranno loro in questo momento...Vorrei, ve lo confesso, tante cose che oggi non ho più. Eppure, questo sì, non farei il cambio con la mia età. No, questa non la cambierei. Sto meglio oggi.
Anche adesso, come allora, io continuo a credere: credo nell'esistenza di Babbo Natale, nella bontà, nei giusti premi, nell'amore e mi rifiuto di pensare che in questa vita il bene non venga ripagato con la stessa moneta. Continuo a sorridere, a emozionarmi, a sognare. E sono contenta di farlo, sapete?
Per giunta non ho più paura del futuro e questa è stata per me una difficile conquista della vita. Sono davvero sicura che questa sia la stagione più bella. E sarà bella condividerla con le persone a cui tengo di più. Faccio a voi lo stesso augurio: quello di sentire quelle voci, quei profumi che ci arrivano da un passato che oggi non c'è più, che non può più tornare, ma che ha contribuito a formare la persona che siamo. Se così sarà ci aspetterà un grande Natale e un grande futuro.
Io sono pronta a correre, e voi?

Alegra&Bacioni!

Jù.

UN FINALE DIVERSO

Le "baby squillo dei Parioli", le hanno battezzate. A Roma, nelle case e fuori dai licei non si parla d'altro che di loro: delle baby squillo. E sui giornali, poi. Paginate e paginate, inserti speciali.
Parla lo psicologo dell'età evolutiva. Parla l'insegnante che ne ha viste tante. Parla la soubrette che da ragazzina è stata molestata. Poi tocca all'esperto di social network: quanto è pericoloso Facebook! Eccome se lo è: da quando ho visto le foto di una delle due quindicenni postate sulla sua bacheca digitale, mi sono fatta alcune domande.
E' incredibile quanti pochi siano i gradi di separazione fra quelle ragazzine e i nostri figli: frequentavano buone scuole pubbliche di quartieri agiati, incrociavano i figli di amici degli amici degli amici. In buona sostanza, la baby squillo potrebbe essere la compagna della conoscente della porta accanto. Il diluvio di parole è stato grande. Il numero di trasmissioni dedicate al disagio giovanile imponente: si è scoperto che dedicare una puntata di un talk show alle ragazzine prostitute fa alzare parecchio lo share, specie in questi tempi grami di scialbe larghe intese. Però.
Però fra molte dotte di disquisizioni sulle ragioni per cui ci si butta via a 15 anni o si finge di non sapere che tua figlia si prostituisce a 600 euro al giorno, io non ho letto la più semplice e schietta verità: che le baby squillo ci sono perchè centinaia di clienti porci e benestanti, stimatissimi professionisti della Roma bene, chiedevano loro appuntamento.
Sarebbe bene conoscere i nomi e le biografie di questi galantuomini. Sarebbe sano vederli sbattuti in galera, magari buttando la chiave per un pò. Signori ben vestiti che girano su grossi Suv tedeschi, frequentano palestre superfighe e si lamentano tutto il giorno del fisco troppo invadente. Proposta: da domani, sui giornali e in tv, anzichè parlare del disagio giovanile e dei traumi subiti dalle baby squillo, parliamo un pò dei vecchi porci che vivono accanto a noi. Sono tanti, e non per forza afflitti da traumi infantili.

Jù.