ALCUNE PAROLE

La professoressa di Lettere entrò in classe il primo giorno di scuola e ci disse: " Iniziamo subito la lezione, perchè il tempo è l'unica cosa che nessuno potrà mai restituirvi".
Il professore di Filosofia un giorno terminò la lezione dicendo: " Domani vi spiegherò Feuerbach. Feuerbach sostiene che non è stato Dio a creare l'uomo, ma l'uomo a creare Dio".
La prof di Latino, in quinta liceo, mi chiamò a sorpresa alla cattedra e mi interrogò: " Brava, perchè non eri tanto preparata, ma ti sei buttatta, e il coraggio alle volte fa buona parte del lavoro".
Alle medie io e un compagno di classe ci prendemmo a botte per una cosa da poco, ci divise la bidella. Ero mortificata, la professoressa di Matematica (in genere piuttosto fredda e distaccata) mi prese da parte e mi tranquillizzò: "Jussin, non ti preoccupare. Tu ti preoccupi sempre troppo".
Che valore hanno questi ricordi? Che importanza hanno avuto nella mia vita questi episodi, queste parole, questi insegnamenti, questi concetti? Il valore, per me, è inestimabile. Non esiste calcolo, non esiste rapporto numerico, non esiste stipendio o compenso che potrebbe pareggiare quanto mi è stato dato queste e tante altre volte.
Non esiste un valore della scuola. O meglio, "è uguale ad infinito" direbbe una prof.
Chi forma un uomo, o una donna, forma l'intera società.
La scuola, inoltre, non è solo studio. I miei compagni di classe sono tuttora miei amici e con i miei professori mi sento ancora oggi. La scuola è esperienza: amicizia, amore, dolore, gioia, successo e fallimento. La scuola funzionerà sempre, anche se non funziona, perchè non è fatta solo da quello che possiamo soppesare, ma anche da tutto quello per cui non esiste unità di misura.
E' fatta, cioè, dalle singole persone.
Se dovessi usare una sola parola per indicare quello che ritengo di aver imparato dalla scuola, direi che ho imparato a concentrarmi.
L'essenza stessa della concentrazione, la capacità di isolare qualcosa dal contesto e leggerlo, studiarlo, ricordarlo, credo si impari alle elementari. Per essere precisi, sono convinta che all'asilo si impari a stare con gli altri, a seguire gli stimoli e a mettere a frutto un metodo, rispettando le regole che la convivenza impone. E' invece alle elementari che ci si incuriosisce, che ci si appassiona davanti alle cose che non si conoscono, ed è lì che si impara a gustare il tempo passato sui libri. Se non ami lo studio alle elementari, è probabile che l'opportunità di appassionarti a esso ti si ripresenti solo all'università.
Alle medie credo di aver imparato a concentrarmi nonostante. Alle medie si impara a concentrarsi nonostante tutto il rumore che c'è intorno, nonostante i compagni che ci distraggono, nonostante gli interessi nuovi, le nuove esigenze e i nuovi ambienti che ci confondono (e però arricchiscono) un adolescente. Alle medie ho scoperto di essere diversa da quello che ero, e riuscire a concentrarsi in un momento come quello diventa un merito da Guinness. Se esci viva dalle medie, il più è fatto.
Al liceo se sei fortunata impari a concentrarti su quello che più ami, su quello che più ti interessa, ed è lì che cominci a mettere in relazione la concentrazione con un obiettivo, dando vita e alimentando una passione. Al liceo ho scoperto che i secchioni non si godono la vita, ma che non se la godono neanche quelli che non studiano. Al liceo ho capito che leggere è un piacere e che non serve (solo) a prendere un bel voto, ma a vivere meglio, a comprendere l'esistente, a immaginare quello che (ancora) non si conosce.
All'univeristà non lo so, ci sono andata solo per pochi mesi però forse lì impari a concentrarti da sola, rinunciando alla rete di protezione del gruppo, a quella struttura che fornisce sostegno e ospitalità a ognuno di noi ma che ci abbandona di colpo una volta letti i quadri della maturità.
A scuola ho imparato la fedeltà al gruppo. L'ho imparata anche facendo sport, certo, l'ho imparata grazie alla mia famiglia, ma l'ho imparata anche a scuola. Gli amici di scuola non ti tradiscono, le regole si rispettano, le idee valgono più della convenienza, e tutto ciò di irrituale che capita di fare con qualcuno del gruppo va nascosto a chi del gruppo non fa parte.
Che valore ha avuto per me la gita in Provenza? E quella di Trieste? Che valore dare alla notte infinita che ci ha portato alla mattina in cui sono stati esposti i quadri della maturità? E alla festa nella notte in cui l'Italia vinse i Mondiali? La fila per la focaccia al bar e il pullman fino a casa, che valore hanno? Il concerto dei Nomadi, le vacanze in montagna, le domeniche a studiare insieme, che valore hanno? Anche queste esperienze hanno un valore infinito, e non per merito dei professori: anzi, molti di questi ricordi nascono da trasgressioni ai divieti da loro posti o alle regole da loro incarnate.
Ognuno di noi, li abbia amati o no, ha condiviso gran parte dei momenti importanti della propria vita con la scuola, o meglio con i compagni di scuola. I rapporti che si formano a scuola sono eterni, perchè in quegli anni tutto sembra eterno, fondamentale, inevitabile.
Eppure le prove che si superano a scuola, viste col senno di poi, non hanno nulla di particolare. Un amore andato male, una regola infranta, un giuramento rispettato: i legami che si formano tra i banchi e nei corridoi, le emozioni che si vivono, le paure che si combattono, analizzati freddamente a distanza di anni sono poca cosa, e visti con un pò di cinismo sono uguali per tutti.Vissuto all'epoca di scuola, invece, ogni avvenimento è unico, importante, epico, fondamentale e ricco di implicazioni e significati che dureranno per tutta la vita che verrà. Sono convinta che il valore di questi episodi sia effettivamente quello che si dà nel momento in cui vengono vissuti.

Bacioni.

Jù.

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