IO RIMANGO MIA

Immaginare il futuro è un esercizio che può essere divertente e anche, talvolta, costruttivo.
Ci provo quasi tutti i giorni, immaginando una possibile Italia del 2023, dopo un governo Cinque Stelle, utilizzando la lettera e lo spirito del programma ufficiale del MoVimento. Niente più di un gioco, ovviamente. Ciascuno di noi può ipotizzare un futuro diverso, più o meno luminoso a seconda delle opinioni politiche o dei parametri presi in considerazione.
Tuttavia, al di là del gioco e della fantasia, una domanda mi resta intatta: ma Beppe Grillo è un pericolo o un'ooportunità per l'Italia?
Forse è ora di cominciare a chiederselo per davvero e smettere di fare finta di niente.
Inizio col dire che è patetica e anche un pò indecente la solita corsa di numerosi italiani eccelenti ad andare "in soccorso del vincitore", come diceva Flaiano, con tanto di retrodatazione del proprio personale grillismo. L'opportunismo di costoro fa il paio con la pavidità di chi se ne sta zitto aspettando gli eventi. Ma in entrambi i casi i grillini di completamento come quelli in sonno sembrano trascurare un elemento fondamentale.
Al netto degli aspetti più pittoreschi, dal complottismo planetario al fondamentalismo alimentare, c'è una cosa che mi preoccupa più di ogni altra: la violenza verbale del leader, insieme al suo totale rifiuto delle regole  elementari del confronto democratico.
Secondo me il "Vaffa" è un modo sbagliato di fare politica, una modalità intollerante e totalitaria. E' inammissibile che Grillo si sotragga alle interviste dei giornalisti e al dialogo, anche duro e serrato, con gli altri protagonisti in campo.
La violenza, anche solo verbale, e la sua evocazione mi fanno paura, perchè mi ricordano altre epoche e altri leader. Il rifiuto del confronto mi spaventa. L'odio verso i giornalisti può essere l'anticamera di un sistema in cui qualcuno decide che cosa è lecito dire e cosa no. E la terrificante prova di sè che ha dato (e continua a dare) la classe politica tradizionale non può costituire un alibi per qualunque atteggiamento.
Dite che esagero? Lo spero tanto. So bene che se non avesse cavalcato l'ondata di indignazione degli italiani contro la Casta il M5S non sarebbe diventato il primo partito del Paese.
Adesso però, anche per Grillo, Casaleggio & C. sarebbe l'ora della Responsabilità.
Facciano o non facciano la Tav, ci mandino a nuove elezioni, prendano pure il 40 o il 50 per cento dei voti...Ma per favore comincino da subito a cambiare il linguaggio. Anzi, visto che la stragrande maggioranza degli eletti ha già provato a farlo, che siano loro a tentare di convincere il guru a scendere dal piedistallo, togliersi la tuta da Power Ranger e accettare quella cosetta da nulla che si chiama dialogo.
Guarda caso il fondamento della democrazia, e quindi della libertà.

Alegra!

Jù.

L'ALTRA FACCIA DEL POTERE

Ha il volto gentile di Laura Boldrini, neo eletto presidente della Camera. La prova vivente di tutto quello che abbiamo sempre sognato immaginando una donna al comando: umiltà, empatia e senso pratico. Nei 20 minuti di discorso d'insediamento non ha parlato in politichese, ha sorriso parecchio e ha messo in primo piano i problemi reali della gente: disoccupazione, precarietà, senso di sfiducia della classe media annientata dalla crisi, difesa delle donne e pari opportunità: " Perchè non c'è ricchezza senza diritti. Prima i diritti, poi lo sviluppo". Alla fine hanno applaudito tutti (a parte i soliti scontenti) e c'è anche chi si è commosso.
E' quello che capita quando si usa una lingua nuova, quella del cuore. Che lì per lì può sembrare fuori contesto. E, invece, non c'è contesto migliore per farla parlare. Visto che il destino di un Paese è lì che si gioca, tra quegli scranni. Dove in passato era abitudine bigiare, darsi malati, delegare. Prima la carica, lo stipendio, i prezzi stracciati alla buvette, i privilegi della casta, poi il popolo. Senza pensare che è per il popolo che si ha quella carica. Così funziona la democrazia. Così dovrebbe funzionare.
Laura Boldrini, è andata al Quirinale a piedi per la prima vista di cortesia al presidente della Repubblica: auto blu in garage e scorta ridotta al minimo. Ai giornalisti ha detto: "Sento tutto il peso della responsabilità. Non c'è tempo da perdere". In sintesi: poche chiacchiere, qui c'è da lavorare. Dopo tanti politici scaldapoltrone, portaborse senz'arte nè parte, veline mancate, finalmente una secchiona. Una che al suo ruolo ci crede davvero e ha un curriculum lungo così (la laurea in Giurisprudenza, il primo impiego da giornalista in Rai e poi alla Fao, l'incarico all'Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, le missioni in Afghanistan, ex Jugoslavia, Iraq, Iran, Angola, Ruanda) e ci ricorda le donne vere. Noi, le nostre sorelle, le amiche dell'università. Quelle che di un esame studiavano pure le note in calce e non si mettevano scollate per strappare un voto più in alto. Quelle che, nella vita, non hanno mai voluto sconti, perchè se tagli il traguardo a spinte non c'è nessuna soddisfazione. Quelle che sono autorevoli, non autoritarie. Che per farsi ascoltare non gridano più forte, usano parole forti. E non si mettono a scimmiottare i maschi. Quelle brave sul serio.
Ce n'era tanto bisogno. Cerchiamo di farla durare.

Alegraaa!