EVERY TEARDROP IS A WATERFALL

Io piango per le cose più impreviste. Mi commuovo facile. Cerco di resistere ma mi si inumidiscono le ciglia ai matrimoni, anche a quelli dei parenti più lontani, naturalmente ai funerali e, se capito per sbaglio, piango anche alle cerimonie di perfetti sconosciuti. Deve essere la forza del rito studiato appositamente per aprire le cateratte dell'umanità, le mie in particolare.
Sono la cavia prediletta dei film costruiti per farti sciogliere in lacrime esattamente dove è previsto dagli sceneggiatori. Il mio imprinting è stato Dumbo: ho singhiozzato più di una volta per l'elefantino con le orecchie troppo grandi e ancora adesso mi avvicino al dvd con molta precauzione. Ma ho anche rotto gli argini sul finale di Toy Story 3, quando Andy e Woody si salutano per sempre: impossibile resistere.
All'inizio è un piccolo sussulto, solo un nodo alla gola, ma poi se vedo qualcun altro che si commuove accanto a me è la fine e parte l'alluvione. Piango volentieri ogni volta che rivedo Billy Elliot. Non lo faccio solo per Billy e il suo sogno ma anche per tutta la sua vita sfortunata, per le incomprensioni con suo padre, per quell'equivoco che ti cambia la vita con una deviazione fatale.
Quando si piange come fontane è bene farlo da soli, in privato o al massimo con un ristretto gruppo di amici di provata lacrima. Evitate le situazioni pubbliche e gli insolenti che fanno i duri e poi si sciolgono di nascosto per banalità come Love Story.
Non mi vergogno di questa attitudine, anzi, esternando la mia debolezza ho scoperto di non essere sola. C'è un esercito di persone che non desidera altro che lasciarsi andare alla commozione, e anche parecchi uomini oggi confessano tranquillamente di essere soggetti a questa sindrome.
Ogni occasione è buona: si piange a una nascita, leggendo un libro, pensando a un bel ricordo lontano, ma io mi commuovo fino alle lacrime per molto meno. Mi succede alle premiazioni, quando gli attori o i registi ringraziano la famiglia e in particolar modo la moglie, "Senza di lei non sarei mai riuscito a conquistare questo ambìto riconoscimento".
Anche se so benissimo che dietro a questa frase ce n'è una molto più lunga: tra le righe vogliono dire che se non la ringraziano quella li uccide perchè ha sopportato mugugni, giornate nere a fare caffè e panini mentre l'artista ciabattava per casa senza ispirazione.
Io mi commuovo quando riscolto le canzoni beat italiane degli anni Sessanta. Non per i testi ma solo per come suonano i dischi. C'è tutta l'innocenza di una registrazione con pochi microfoni, solchi grossi tracciati sul vinile, fatti per essere scavati come una zappa dalla puntina del giradischi. Lontano mille miglia da ogni sofisticazione contemporanea, che neanche le chiama più canzoni ma tracce "Hai ascoltato la terza traccia?" e già la parola mi fa venire in mente ombre, fantasmi, qualcosa di irreale che può vagare nell'aria o scomparire per sempre. A risentirli oggi i complessi, così si chiamavano i gruppi musicali dell'epoca, fanno tenerezza perchè sembrano arrivare dalla preistoria della musica e mi fa piangere quel desiderio di modernità e futuro che erano sicuri di rappresentare. Invece è andato tutto diversamente da come si immaginavano e cantavano. "Sha-la-la-la-la-la piangi con me, domani forse cambierà, vedrai." Forse, ma anche no, e infatti...sconsigliato vivamente ascoltare le stesse canzoni nei programmi televisivi di revival, interpretate dagli stessi musicisti invecchiati che sono costretti a ricantare all'infinito lo stesso ritornello di quell'estate, incoraggiati dal giovane presentatore abbronzato che sadicamente continua a dirgli che sono rimasti gl stessi. Non è vero, loro lo sanno e il pubblico anche. Qui si piange, ma non di commozione.
Mi succede di struggermi un pò tutte le volte che si spezza il tempo alla fine dell'estate: c'è un giorno preciso in cui si capisce che quella stagione è andata e subdolamente ne parte un'altra. Potrà tornare il bel tempo ancora per molti giorni, ma non sarà più lo stesso. Tutti ancora a fare il bagno, a rosolarsi in spiaggia, ma qualcosa è cambiato per sempre, è finito un momento che non tornerà, perchè la prossima sarà sicuramente un'altra estate e mi viene da piangere senza un motivo reale ma solo per l'idea dei cambiamenti inevitabili, non perchè è brutto ma proprio perchè è bello.
Invece, stranamente, non sopporto i cuccioli di peluche. Fanno tenerezza a tutti ma non a me. Non so perchè ma mi danno ai nervi, e con loro tutte le persone che se li tengono in macchina, sulla scrivania, come portachiavi o addirittura in bella mostra sul letto. Mi verrebbe da sbudellarli con un cacciavite in un film horror. E poi ridere di loro.

Alegra&Bacioni!

Jù.

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