PIU' MUSICA E MENO TESTO

Primo pensiero.
Mia madre mi mise al mondo alle tre e un quarto di una gelida notte primaverile. Pioveva. Mio padre aveva atteso nervoso per tutta la sera, camminando su e giù e fumando furiosamente. Pare fossi bellissima, anche se la mia testa era di colore bluastro e il mio umore pessimo. Vai a credere al parere di due genitori innamorati. Quel giorno cominciava la nostra avventura, la mia di bimba rumorosa che "potrebbe fare di più a scuola", la loro di genitori affettuosi, ma spesso perplessi sulle mie reali intenzioni ed aspirazioni nella vita.
Con il cuore sento di doverli ringraziare per l'audace scommessa che decisero di fare dandomi la vita.
Con la mente mi verrebbe voglia di sgridarli per non avermi fatto nascere nel selvaggio Far West invece che nella civilizzata Bergamo. Sì, perchè io mi sentivo molto più portata per cavalcare nelle praterie, che non per correre in bicicletta lungo la via Provinciale; molto più portata per allenarmi a sparare ai barattoli di conserva nel prato sul retro del ranch, che non per allenarmi a fare sedici vasche a dorso tutti i lunedì mercoledì e venerdì alla piscina del Centro Consortile; molto più portata per gestire un saloon dove si servissero anche vodka e caipirinha e dove si esibissero anche ballerini stranieri, che non per lavorare anni e anni senza vedere mai nè un euro fetente nè un qualcuno interessato alla cultura decente; molto più portata per diventare sceriffo e magari battermi contro l'impiccagione per furto di cavalli e contro l'intolleranza verso i pellerossa, che non per diventare socia di un circolo arci o di una cooperativa che lotta per non so bene cosa.

Secondo pensiero.
Sono laziale. Lo sono per parte mia. Anzi, per parte di cugino.
Mio cugino tifava Juventus da quando si chiamava come si chiama ( non la squadra, lui). E fu lui, fin dalla mia più tenera età, ad educarmi ai principali valori della vita e dello sport: l'onestà, la correttezza, il rispetto degli altri, il rispetto della parola data, l'affetto per Alen Boksic. Con mio cugino commentavamo le partite, con il cugino valutavamo la campagna acquisti, con il cugino iniziai ad amare il Boksic biancoceleste, con il cugino presi la mia prima pallonata triste in faccia.
Con il cuore gioisco per tutto ciò che il cugino mi ha lasciato dentro, per quei momenti di complice felicità, per le sue passioni spicciole che proseguono con me, per tutti gli insegnamenti buoni che mi ha dato; gioisco perchè, senza troppi pudori, gli voglio bene e continuo a volergliene ora che non lo vedo più così spesso.
Con la mente mi domando invece per quale diavolo di motivo io debba continuare ad essere laziale in provincia di Bergamo. Non ha alcun senso essere laziale in provincia di Bergamo. A meno che non si ami la sofferenza per partito preso: sono mortificata quindi esisto. Ma ammesso che io accetti il mio destino, con la mente lavoro e mi pongo continuamente (soprattutto di notte) quesiti angoscianti. Perchè la Lazio perde sempre e se non perde pareggia e se non pareggia vince ma non convince e se vince e convince poi perde di nuovo? Perchè Rocchi e Klose hanno solo figlie femmine e se avranno figli maschi non gli insegneranno quello che sanno fare? Perchè di tanti olandesi che ci sono in Olanda il Milan riesce sempre a trovare quelli che sanno giocare a calcio e lascia tutti gli altri all'Inter? Perchè il cugino non tifava per il Genoa?

Terzo pensiero.
Il mondo fa piuttosto schifo. Molte persone soffrono più del dovuto. Ci sono troppi disoccupati, troppi morti di fame, troppi violenti che abusano materialmente e moralmente della debolezza altrui. La volgarità dilaga. La furberia è ancora tanto vincente. Il mare è sempre più sporco, l'aria sempre più puzzolente. Molti bambini non hanno giocattoli, pochi ne hanno troppi, ma tutti i bambini diventano sempre più tristi. Gli adulti lo sono già.
Con il cuore sento che non è giusto, che si potrebbe cambiare, che si dovrebbe fermare il dolore, isolare la violenza, costruire un mondo sereno, che rispetti la vita, la gioia, che dia del tempo alle persone per pensare, per fare l'amore, anche per non fare assolutamente niente, almeno sporadicamente. Perchè è bellissimo non fare assolutamente niente, stare sdraiati, guardarsi le unghie dei piedi, contarsi i foruncoli, infilarsi le dita nel naso, fissare un punto nel vuoto, guardare il mare, guardare gli altri passare, rispondere a chi ti chiede che stai facendo "niente"... perchè è bello non fare niente, almeno sporadicamente.
Ma con la mente non riesco a pensare a nulla di serio, di concludente, di efficace, di non irrimediabilmente destinato al fallimento.
Penso con la mente, ma ho davvero bisogno del cuore.
Finchè regge.


Il Solito Enorme Bacione a Tutti.

Jù.

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