AMA E FA' CIO' CHE VUOI

Stavo navigando su internet quando, qualche giorno fa, mi sono imbattuta in un titolo che mi ha lasciato di stucco: "Si conoscono dopo aver perso i loro bambini, diventano lesbiche e ora aspettano un figlio". Non mi ha urtato la notizia, ma le parole usate per darla. "Diventano lesbiche". Come se l'omosessualità o la bisessualità fossero una malattia che ti può colpire a un certo punto della vita, una specie di varicella che invece delle pustolette ti fa venire strane idee.
Non capite dov'è il problema? Alcuni anni fa, quando andavo ancora a scuola, una mia compagna di classe mise questo titolo e sviluppò il tema della settimana: "Scontro frontale: muoiono un uomo e un marocchino". Un uomo e un marocchino, come se il marocchino non fosse un uomo. Laprofessoressa non se ne accorse e il tema andò bene.
A me il modo di presentare la notizia sulle due signore ha ricordato quello scivolone imperdonabile della mia ex compagna di classe. Uno scivolone che rivelava un atteggiamento razzista, discriminatorio. Così come scrivere "diventano lesbiche" rivela questa idea: se sei una donna e un certo punto della tua vita ti innamori di un'altra donna, ti è necessariamente capitato qualcosa, un virus, una botta in testa, una folgorazione che ti ha fatto diventare altro, diversa. Rivela l'idea che la normalità è essere eterosessuale e tutto il resto è un incidente di percorso. Una devianza. E allora, chi la pensa così ti etichetta: "sei diventata lesbica, sei diventato gay, sei diventato bisex, entra nel tuo recinto e restaci". Non pensa che sei quello che sei sempre stato, con la differenza che, per esempio, avevi sposato un uomo e ora, ora tu sei diventato altro da chi è normale. E questa differenza la sottolinea ben bene, come se i gusti sessuali incidessero davvero sull'entità e integrità di una persona.
Sono esagerata? Cavillosa? Le sfumature sono importanti, non solo quelle di grigio, nero o rosso, perchè le parole, quando si parla di questo argomento, pesano più di pietre. La tentazione di annalzare barriere e steccati è ancora troppo alta. La tentazione di distinguere ciò che è normale da ciò che non lo è impera. Gli sconfinamenti nella volgarità e nelle offese personali purtroppo sono all'ordine del giorno.
Un anno fa ero in vacanza quando, una sera, gli animatori dell'hotel organizzarono uno spettacolino: l'elezione di mister gay. I clienti dell'albergo erano chiamati a comportarsi da gay: baciare come un gay, camminare come un gay, fare la dichiarazione d'amore come un gay, vestirsi come un gay. Il tutto meritava l'Oscar per la stupidità e il cattivo gusto. Il giorno dopo, sono andata a protestare con il capo animazione. La sua risposta: "Ma allora non si può scherzare su niente, l'anno scorso ho fatto uno spettacolo in cui prendevo in giro gli zoppi e c'era uno zoppo che si è lamentato! Io devo fare cabaret. E poi i gay intelligenti non si offendono." Ah, certo: di fronte all'esigenza di fare cabaret tutto si piega e si spiega. Ma siamo proprio così sicuri che gli omosessuali non si offendano? Siamo così sicuri che siano tutti contenti di essere considerati delle macchiette? Di rientrare nel clichè dell'uomo in piume e perizoma e della donna baffuta e muscolosa? Questi stereotipi fanno male.
Lo so già che qualcuno sta pensando: "Ma sono loro che vogliono apparire diversi!", e la mente va ai folkloristici gay pride. Ma loro chi? Qualcuno, una parte. Una parte che poco c'entra con chi ha tanta voglia di tranquillità, di vivere assieme, prendersi delle responsabilità, mettere su famiglia.
E sapete perchè ho scritto questo post? Perchè ho un nipote e se un giorno lui si innamorasse di un uomo, vorrei che fosse trattato per quello che è: una persona normale, non un fenomeno da baraccone.
Come diceva Sant'Agostino? "Ama e fà ciò che vuoi."

Jù.

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